COME IL COVID HA APERTO LE PORTE A NUOVI SCENARI IMMOBILIARI

Quando Toto Cutugno, nel lontano 1995, ci deliziava (ponendosi in controcorrente) sulle note de “Voglio andare a vivere in campagna”, quasi certamente non immaginava che questo desiderio così vintage sarebbe divenuto il trend cosmico dei nostri giorni.

Soprattutto, non avrebbe potuto prevedere che la causa scatenante sarebbe stata una pandemia mondiale che ha spalancato le porte a nuovi scenari immobiliari e sociali. Se, infatti, da un lato il Covid ci ha obbligati tutti a una ridefinizione del concetto di “tempo” e “spazio” (fisico), imponendoci di ascoltare l’eco delle nostre coscienze e a reinventarci, dall’altro lato, il mutamento obbligato dell’habitat lavorativo ha generato per i più il c.d. fenomeno della “Grande Fuga dai centri urbani”. Già nel Maggio 2020, l’autorevole “The Economist” dedicava un’inchiesta dal titolo “Working Life has entered a new era” a come tutto ciò avesse creato beneficio sia per i lavoratori che per i dipendenti: i datori di lavoro avevano potuto risparmiare sui costi e i lavoratori avevano cominciato ad apprezzare il nuovo equilibrio work-life. Con riferimento al mercato italiano, “Stima Casa” evidenziava, tra i fattori determinanti a sostegno di queste mutate esigenze, l’introduzione del lavoro da remoto e della didattica a distanza. Molto interessante la distinzione di epoche storiche che la stessa testata giornalistica propose, suddividendole in BC era (Before Coronavirus) e AD era (After Domestication).
Con lo sguardo rivolto al nostro Paese, notiamo come, in questi ultimi anni, si sia assistito a due principali trend:

  1. La fuga dalla città verso i centri urbani e rurali;
  2. Il c.d. fenomeno del “Southworking”, in virtu’ del quale molti lavoratori meridionali assunti presso aziende del Centro-Nord, hanno potuto far ritorno nella loro terra natia mantenendo inalterati gli standards produttivi. Sarà questo un fenomeno destinato a scomparire con la fine dello Stato d’Emergenza? Sembrerebbe proprio di no: basti ricordare che solo qualche giorno fa, a seguito di un’intesa stilata tra il dipartimento di Risorse Umane Randstad.it e l’Associazione Southworking (www.southworking.com), sono state aperte le candidature per diventare un South Worker. Come ha dichiarato Marco Ceresa, Group Ceo Randstad, “Chiunque svolga una professione compatibile con il lavoro da remoto potrà dare disponibilità a candidarsi a opportunità in tutta Italia operando da remoto“. Nulla a discapito dell’efficienza produttiva, dunque. Anzi, come evidenziato da Google, Facebook ed Apple i propri dipendenti risultano esser più produttivi da casa che in ufficio. Ma quale impatto ha tutto ciò sullo scenario immobiliare nazionale? I rilevanti mutamenti del contesto socio-lavorativo degli Italiani hanno prodotto conseguenti cambiamenti anche sul patrimonio edilizio, come emerge dall’analisi fatta da Confedilizia per il Res Day, Real Estate Strategies, secondo cui le scelte abitative sono oggi orientate verso abitazioni che garantiscano una vita “slow”, articolate sul connubio perfetto di Green e Balance. Il concetto di casa, intesa come luogo di ritrovo e ristoro al termine di una lunga giornata lavorativa trascorsa nel tram-tram cittadino, complice anche il lockdown, si è rivoluzionato. “Casa” è diventato quel luogo in cui, volendo usare un’iperbole, i concetti F.O.R.D. ( Family, Occupation, Recreation, Dreams) hanno trovato il loro playground.

L’abitazione non più intesa nel senso stretto del termine, bensì luogo “effortless”, un ibrido che funga sì da Casa ma anche da Ufficio, luogo di Studio, Palestra restando focalizzati sui propri hobby (o scoprendone addirittura di nuovi) e sui propri sogni, a stretto contatto con la natura e con una realtà più a portata d’uomo.
Gli italiani, quindi, sembrano dediti alla ricerca del loro luogo ideale secondo i canoni mutati dal contesto post-pandemico. Ciò è confermato dall’indagine compiuta dall’Osservatorio CasaDoxa, firmato da BVA Doxa, che ha rilevato come siano sempre più gli italiani che intendono cambiare casa entro i prossimi 4 anni. L’inchiesta, sottoposta a un campione di oltre 6 milioni di famiglie, ha aperto le porte a nuovi scenari immobiliari, mettendo in luce i criteri di scelta e i desideri che stanno alla base della scelta della casa nell’epoca After Domestication.
In pole position, si colloca il desiderio di poter vivere circondati dal verde: oltre il 65% degli intervistati ha ammesso di voler optare per spazi abitativi che garantiscano un accesso diretto ad aree verdi o, quantomeno, dotati di terrazzo abitabile. A ciò segue il trend Verde “produttivo”: quanti di noi durante i vari lockdown non hanno, almeno una volta, sfoderato le proprie abilità di pollice verde? Ebbene, oltre il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver optato per soluzioni abitative con aree green o ampi spazi all’aperto, nelle quali potersi dedicare alla produzione di spezie e piante officinali. Scende invece notevolmente la necessità di vivere vicino ai luoghi di lavoro, così come anche alle fermate dei mezzi pubblici nonché la necessità di un box auto. Risulta aumentata l’esigenza di vivere in posti che facilitino lo sviluppo delle relazioni umane.
Se è vero che il mondo è la nostra prima casa, è altrettanto vero che se volessimo individuare un aspetto positivo del lockdown che ha limitato l’azione umana e il tasso d’inquinamento, di certo questo è rintracciabile nell’evidenza di come Madre Natura abbia potuto, finalmente, riprendersi “i suoi spazi.” Per più del 50% degli intervistati, concetti quali sostenibilità e salubrità rivestono un posto prioritario tra i criteri di scelta. Conseguentemente, si è assistito a una maggiore sensibilizzazione verso le tematiche di tutela ambientale e la crescita della consapevolezza di voler preferire case dotate di colonnine elettriche (dato cresciuto dal 18 al 37% dal 2018 al 2021). Queste potranno diventare il cavallo di Troia della transizione, perché muteranno i modi di come si crea e produce energia a livello domestico.
Smartworking is the new normal?
Sembrerebbe di sì! Per il 78% degli intervistati poter continuare a lavorare da casa risulterebbe essere la soluzione migliore. L’abitazione, quindi, non potrà prescindere dalla presenza di una stanza postazione ad hoc dedicata. Interessante, a tal proposito, notare come anche architetti ed interior designers abbiano abbracciato queste nuove tendenze dell’abitare: le proposte del FuoriSalone e della Design Week 2021 di Milano si sono tutte orientate verso la progettazione di spazi abitativi più fluidi e funzionali.
Infine, l’indagine di CasaDoxa, si sofferma sulle tematiche delle soluzioni in ambito Tech. La volontà di trasferirsi lontano dal caos cittadino va di pari passo con la necessità che la tecnologia diventi il nostro punto di coesione con il resto del mondo. Dati alla mano, per più della metà degli intervistati la casa del futuro deve esser “smart” e tecnologica. Quest’ultima analisi apre la strada verso una riflessione più articolata: in primis, come conciliare il nuovo trend della fuga dalle città con i limiti di carattere oggettivo legati alla carenza di un tessuto tecnologico efficiente, nei centri fino a poco tempo fa meno abitati. Ancor di più c’è da domandarsi come cambierà lo scenario dal 31 Marzo 2022 in poi, con la fine dello Stato d’Emergenza, definito con il recente decreto-legge n.24/2022 e se, come sembra, ci si troverà di fronte a una nuova era della vita individuale, lavorativa e sociale che travolgerà ogni vecchia abitudine creando nuove dinamiche e nuovi criteri di scelta o se anche ciò sarà oggetto di un ulteriore grande reset.
Ai posteri l’ardua sentenza!

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